La seconda vita del cuoio

Ogni anno al mondo vengono prodotte 355 milioni di pelli bovine grezze (pari a 6,4 milioni di tonnellate di prodotto finito), a cui si aggiungono 532 milioni di pelli ovine e 476 milioni di caprine grezze. L’Italia contribuisce con volumi importanti: 129 milioni di m2 di pelle e 34mila tonnellate di cuoio da suola, per un valore complessivo di oltre 5,25 miliardi di euro. Di questa produzione oltre il 40% è destinato alla calzatura.
Malgrado questi importanti volumi l’offerta non soddisfa interamente la domanda del mercato su cui ha gravato ultimamente anche un aumento dei prezzi delle materie prime.
D’altro lato è ben noto il problema rappresentato dalla gestione degli scarti di produzione: solo una parte marginale (circa il 30% in peso) delle pelli grezze in ingresso in conceria è trasformato in prodotto finito. Il restante 70%, materiale organico misto a sostanze chimiche di diversa entità a seconda delle varie fasi di processo, è gestito come scarto e solo una parte di esso è recuperato (mangimi per animali, fertilizzanti…). E questo senza entrare nel merito della pericolosità degli scarti stessi in cui sono spesso presenti sostanze pericolose come Cromo III, cloruri e solfati che non possono essere rimossi efficacemente dai trattamenti di depurazione. Un problema che si traduce in un costo aziendale rilevante (pari al 18% dei costi sostenuti dalle imprese del settore per le problematiche ambientali) e che da qualche anno è affrontato non solo riducendo la pericolosità e l’entità delle sostanze chimiche di processo, ma anche riciclando quanto più possibile gli scarti di produzione. Grazie ad aziende specializzate che hanno trattato circa il 70% degli scarti prodotti, il volume destinato alla discarica si è infatti significativamente ridotto: nel 2013 sono stati prodotti mediamente 1,70 kg di rifiuti per m2 di pelle trattata ma nel 2009 erano più di 2 kg a m2 (i dati citati nell’articolo sono tratti dal Rapporto di Sostenibilità 2014 dell’Unione Nazionale Industria Conciaria www.unic.it).
Altri scarti di produzione vengono accumulati nelle fasi più a valle del processo: ritagli di pelle e cuoio, pezze difettose e quant’altro. Anche questi scarti rappresentano un problema perché non sempre sono trasformabili in piccoli oggetti come portachiavi o bijoux. Inoltre non è sempre facile separare scarti da concia effettuata con tannini vegetali da quelli effettuati con trattamenti chimici pericolosi come il cromo.
Partendo da questo quadro è possibile comprendere i motivi del crescente interesse per il cuoio rigenerato che rappresenta un’interessante alternativa alla discarica e un materiale facilmente valorizzare per esempio in parti della calzatura come guardolo, suola, intersuola, soletta, tacco, sottopiede, rinforzi e contrafforti.
Come nasce il cuoio rigenerato
La terminologia corretta, fornita dal CEN (Comitato Europeo di Normazione) prevede che lo si chiami “rigenerato di fibre di cuoio” per non generare equivoci nel consumatore che potrebbe erroneamente considerarlo “cuoio al 100%”.
Viene ottenuto dalla lavorazione dei residui conciari di cuoio o pelle che vengono inizialmente macinati finemente con appositi mulini a martelli o coltelli e aggiunta di acqua per rendere lavorabile l’impasto a cui si aggiungono sostanze chimiche leganti e ingrassanti ed eventuali coloranti. Terminate le operazioni di reazione chimica si diluisce l’impasto e lo si miscela con lattice naturale prediluito o polimeri sintetici in soluzione che consentiranno alle fibre di legarsi dando resistenza e flessibilità al materiale.
La fase di formazione del prodotto prevede il passaggio dell’impasto in una macchina simile a quelle utilizzate nel processo cartario che lo trasforma in un foglio di spessore variabile in funzione delle diverse destinazioni d’uso.
L’acqua trattenuta nelle fibre è eliminata mediante processo di disidratazione effettuato attraverso casse aspiranti sotto vuoto, per spremitura meccanica attraverso presse cilindriche e in fine per togliere gli ultimi residui di umidità il film di prodotto oramai legato e formato viene passato in un forno ad aria calda.
Pregi e limiti del cuoio second life
Non solo un uso intelligente di scarti: grazie alla ricerca tecnologica negli anni il cuoio rigenerato ha avuto anche un’evoluzione estetica.
Le varie fasi di rifinizione (calandratura, goffratura, smerigliatura, verniciatura e stampa) consentono di renderlo simile a pelle di animali (imitando per esempio la grana e il colore) o di trasformarlo in un elemento decorativo della calzatura.
Può essere paragonato al vero cuoio? Certamente no, non solo per la presenza di polimeri e sostanze chimiche ma anche per l’effetto “mano” finale decisamente inferiore per qualità e piacevolezza tattile.
È però un materiale interessante, che il mercato premia e che può certamente essere migliorato grazie agli sforzi effettuati tanto dai produttori di cuoio rigenerato quanto dai produttori di macchine e impianti finalizzati a questa tipologia produttiva.
E poiché – malgrado i primi tentativi autarchici risalenti agli anni trenta e quaranta del secolo scorso – si tratta di un materiale ancora giovane, non c’è che aspettarne l’evoluzione.

Ma si può fare ancora di più. Parola di Massimiliano Corsini
Massimiliano Corsini S.r.l. è un’azienda di Veneri di Pescia (Pistoia) specializzata nella progettazione e realizzazione di macchinari e impianti per il rigenerato di cuoio e la cellulosa impregnata, prodotti che trovano ampia applicazione nel settore calzaturiero. Gli investimenti tecnologici e la propensione alla ricerca ne fanno un’azienda leader del comparto e apprezzata a livello internazionale.
«Noi crediamo che ci siamo ampi margini di miglioramenti per il cuoio rigenerato», ci spiega il titolare, Massimiliano Corsini. «Ad oggi sono utilizzabili nel processo soltanto gli scarti derivanti dalla rasatura di pelle di bovino conciata mentre non vengono sfruttati i residui dei calzaturifici e delle lavorazioni di confezionamento e finitura. Inoltre la destinazione d’uso del rigenerato di cuoio è limitata al settore calzaturiero e a quello degli articoli in pelle (Borse, cinture ecc.). Attualmente i materiali sono utilizzati in particolare per la realizzazione delle tomaie per le calzature, data la rigidità del materiale che non ne permette la deformabilità per i manufatti che normalmente vengono realizzati con la pelle naturale. Seppur migliorato il rigenerato rimane privo dell’elasticità naturale del vero cuoio, a medio termini può dare problemi di resistenza e graffiature dovute al normale uso della scarpa. Risolvere questi limiti, estendere i campi applicativi dei materiali second life è l’obiettivo a cui stiamo lavorando anche grazie al supporto della Regione Toscana e alle competenze di Next Technology Tecnotessile».
L’idea a cui sta lavorando Massimiliano Corsini Srl presuppone processi e tecnologie in grado di trattare gli scarti di cuoio e di pelle come tessuti non tessuti funzionalizzandoli anche grazie a fibre tessili che assicureranno elasticità, resistenza e una mano migliore del materiale realizzato.
Ma Massimiliano Corsini ha anche un altro obiettivo: ridurre i consumi di acqua del processo, a oggi rilevanti rendendo meno impattante il processo dal punto di vista ambientale ed economico.
È una ricerca interessante che seguiremo e di cui vi daremo notizia nei prossimi numeri di Tecnica Calzaturiera.
di Aurora Magni, www.sustainability-lab.net
tratto da Tecnica Calzaturiera di novembre 2014

La seconda vita del cuoio - Ultima modifica: 2014-12-30T15:01:22+01:00 da Redazione

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