Quale futuro per il retail calzaturiero?

(cortesia: ATOMLab)

Le nuove tecnologie rischiano di rendere obsoleti gli spazi di retail più tradizionali. Tutto questo fa comprendere quale sia la dimensione delle sfide che attendono il modo del retail calzaturiero ora e nei prossimi anni. Di questi temi si è dibattuto durante la Global Footwear Retail Conference organizzata in occasione di APLF – Hong Kong nello scorso mese di Marzo.

Chiunque esaminasse dall’esterno l’industria della calzatura sarebbe portato a definire questo come un settore di mercato maturo; per certi versi lo è e vi sono diversi indicatori che corroborano quest’affermazione. Guardando più attentamente i numeri si vede però che la produzione mondiale di scarpe è in crescita continua ormai da alcuni decenni, una crescita che, seppure a una cifra, si è mantenuta costante nel tempo e ha portato il volume totale di scarpe prodotte nel mondo a sfiorare i 21 miliardi di paia nel 2015 e probabilmente a superarli nel 2016 (dati non ancora disponibili).

(cortesia: ATOMLab)

In questo sviluppo costante si possono però identificare alcune dinamiche: la Cina resta il più forte produttore con 13,7 miliardi di paia fabbricate nel 2015, ma il suo predominio si sta affievolendo; altri paesi incalzano come l’India che mantiene il suo trend e supera i due miliardi di paia, il fenomenale Vietnam che ne minaccia la seconda posizione con una produzione che ha ormai superato il miliardo di paia (per la precisione 1,24 miliardi con un incremento del 20% anno su anno) e l’Indonesia che affianca le altre “Unicorn” (parafrasando il mondo della finanza e delle società high tech conteggiamo in questo club i produttori che superano il miliardo di paia fabbricate), con un modesto trend di crescita. Se si fa eccezione per il Brasile (peraltro travagliato da ben altri problemi), gli altri produttori seguono a distanze siderali; l’Italia, con poco meno di 200 milioni di paia se non fosse per la loro qualità e per l’elevato valore di mercato, sarebbe relegata alla totale insignificanza produttiva. Con queste poche pennellate Pete Mangione di Global Footwear Partnership ha fatto un ritratto del settore in apertura del convegno di Hong Kong.

Nuove dinamiche

Analizzando bene i numeri si nota però dell’altro: intanto l’export di calzature cinesi, dopo anni di crescita continua e sostenuta, nel corso del 2015 ha mostrato per la prima volta una contrazione e non da poco (-8.1%), contrazione che si è mantenuta anche nel 2016, anno nel quale si registra un’ulteriore flessione; in circa due anni l’export di calzature cinesi si è ridotto di quasi 1,4 miliardi paia, pari a circa due volte la produzione del Brasile e a sei volte quella del Messico. Dato interessante: l’arretramento più forte si registra sul fronte della calzatura in pelle, segnale di un cambiamento negli stili di consumo, in particolare nel mercato americano di cui parleremo più avanti. Il contraltare della perdita sul fronte dell’export sta nell’aumento dei consumi interni cinesi: nel 2015 il paese ha “consumato” circa 4 miliardi di paia di scarpe con un utilizzo annuo pro-capite di circa 3 paia a fronte delle 5,6 dell’Europa e delle 7,5 degli Stati Uniti. è evidente che la platea dei compratori cinesi di calzature è in continua crescita e il loro appetito per questo genere di consumo aumenta di anno in anno.

Com’è ben noto, gli Stati Uniti, con un consumo pro capite di oltre sette paia di scarpe all’anno, sono il paese in cui i consumatori mostrano la più forte propensione all’acquisto di calzature, il terzo nella classifica mondiale del consumo dopo Cina ed Europa, ma tra i pochi a mostrare tassi di crescita consolidati anche negli anni recenti (nonostante il non completo superamento della crisi economica che ha afflitto il paese e anche il resto del mondo negli anni passati). Quindi osservare quello che sta succedendo nel settore calzatura in questo grande paese è utile per capire quali fenomeni stanno emergendo, e negli Stati Uniti stanno accadendo due cose importanti. Innanzitutto stanno cambiando i gusti dei consumatori: vi è una nuova categoria di prodotto emergente definita “athleisure” sintesi tra calzatura sportiva (atletica) e calzatura da passeggio – casual come la definiremmo noi – che sta erodendo fette di mercato importanti, per esempio nel segmento delle calzature femminili eleganti. Questo porta con sé una progressiva riduzione delle vendite di calzature in pelle a favore di sintetico e materiali tecnici con i quali sono in genere realizzate le calzature di quel tipo.  Qualcosa di simile si riscontra anche nell’ambito delle scarpe maschili a causa di una deriva progressiva del dress code degli ambienti di lavoro da casual-formale a puramente casual. Quindi questo mix tra comfort, casual e informalità sta diventando una tendenza sempre più definita sia nella popolazione femminile che in quella maschile e avrà un grande effetto in futuro sugli acquisti di calzature e capi di abbigliamento. Un fenomeno che rischia di avere un notevole impatto su tutta la catena del valore: sui produttori che devono sapere indovinare stile e prodotti giusti, sulla pipeline produttiva che privilegia le aree di specializzazione in prodotti di questo tipo e, infine, sul retail.

Vuoi continuare a leggere?

Se sei GIA’ abbonato accedi all’area riservata 

Se NON sei abbonato vai alla pagina degli abbonamenti

Quale futuro per il retail calzaturiero? - Ultima modifica: 2017-06-15T14:55:28+02:00 da Paola Pagani

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here