Nuovi paradigmi produttivi

Abbiamo parlato con Luigi Rigon, titolare dell’azienda Insole, di pandemia, aumento del costo delle materie prime e di criticità e opportunità del settore

di Paola Tisi

Se da un lato i nuovi scenari economici creatisi per gli effetti della pandemia vedono oggi in Italia un picco della produzione calzaturiera, che permette alle aziende di realizzare inaspettati aumenti di fatturato, dall’altro vedono crearsi contestualmente tensioni e difficoltà sia per la mancanza di personale in grado di far fronte tempestivamente alle nuove richieste sia per l’aumento dei prezzi delle materie prime. Di questo, e altro, abbiamo parlato con Luigi Rigon, alla guida dell’azienda Insole di Cornedo Vicentino.

Qual è stato l’effetto più rilevante verificatosi nel post pandemia sulla vostra filiera produttiva?
A causa del Covid c’è stato un rilevante cambio di paradigma nella situazione produttiva calzaturiera italiana e in generale europea. Mentre per anni infatti abbiamo assistito alla progressiva diminuzione dei quantitativi di calzature prodotte nel nostro Paese, subito dopo la parentesi Covid del 2020 e la conseguente ulteriore caduta della produzione, si è verificata un’impennata fortissima della produzione, sostenuta in parte dalla ripresa del mercato interno, ma principalmente dalle scelte operative di aziende straniere che per un insieme di motivi hanno deciso di spostare le produzioni dalla Cina e dal Far Est verso l’Europa.
Questo sta comportando per noi anche una serie di problemi non indifferenti, nel senso che in Europa in questi ultimi vent’anni abbiamo assistito, oltre che a una perdita del totale delle paia di calzature prodotte, anche soprattutto a una perdita di professionalità. Si sono andate esaurendo, un po’ per motivi economici, un po’ per motivi anagrafici, tutte quelle professionalità che ruotavano intorno alla manifattura, perché la produzione è fatta non solo dai calzaturifici ma anche da una rete di terzisti o subfornitori che vi ruotano intorno, come gli orlatori, i solettifici, i suolifici, le trancerie eccetera, che si sono depauperati completamente.

Un paradosso: finalmente aumenta la produzione e manca il personale per gestirla…
Esatto, questa situazione sta creando a tutti enormi problemi, perché si fa fatica adesso a ricostruire in tempo reale un network di professionalità specializzate nella produzione della calzatura.
Se parliamo di numeri, passando dai 500 milioni di paia di 20 anni fa ai 200 milioni di paia dell’anno del Covid in Italia, adesso avere un rimbalzo di 100 milioni di paia ci fa sì piacere, ma crea tensioni su tutta la filiera e rappresenta un problema gestionale che va affrontato e gestito velocemente.

Serve più personale specializzato?
Sì, è sempre più difficile trovarlo. La professionalità scolastica è e resta fondamentale, ma poi la formazione reale di un lavoratore passa anche attraverso l’esperienza, quella che si fa sul campo e che richiede un certo tempo. Il reshoring che si sta verificando un po’ in tutta Europa, soprattutto verso Italia, Spagna e Portogallo, ci porta ad aver bisogno di personale non solo specializzato, ma anche generico, e anche questo al momento si fatica a trovarlo.

Sembra che in Italia non sia più appetibile la professione manifatturiera
Esatto, e questo non solo nella calzatura ma in generale. Poi c’è un altro grosso interrogativo. Per rimettere in moto tutto questo network produttivo ci sarebbe bisogno di una prospettiva almeno a medio termine, perché naturalmente ci troviamo a dover investire soldi in formazione, in macchinari, in beni strumentali eccetera, e questo genera una certa titubanza da parte di noi operatori, perché non sappiamo quanto durerà questo stato di cose, non sappiamo se in futuro tornerà tutto come prima, se si delocalizzerà di nuovo e noi resteremo di nuovo penalizzati. Insomma, è una situazione quanto meno complessa da gestire.

Voi come vi state muovendo?
Noi abbiamo aumentato la produzione e abbiamo aumentato il personale. Fortunatamente abbiamo trovato un po’ di operatori, però è stato molto difficile. Nel 2021 abbiamo avuto un rimbalzo del 50% di fatturato rispetto al 2020, un valore importante anche confrontato con il 2019, verso cui ha segnato un incremento del 10-12%, e questo a riprova del fatto che son tornati certi numeri verso l’Europa.
Ma non è comunque facile destreggiarsi in questo momento, in cui si sono create tensioni anche per i prezzi delle materie prime, i costi dell’energia, e si sono aggiunte molte altre incognite che stanno penalizzando le nostre produzioni.

Per quanto riguarda invece le tendenze di prodotto, che novità ci sono e che posto occupa la sostenibilità?
Anche il tema della sostenibilità è un’altra importante sfida. Noi siamo molto presenti e da molti anni con materiali ecosostenibili o completamente naturali. Ma se da un lato c’è una grande ricerca da parte di tutti i produttori di questi nuovi materiali per tutti gli impieghi, dalla suola al sottopiede alla tomaia ai lacci a tutti gli accessori, dall’altra parte c’è ancora una certa difficoltà a implementare i nuovi materiali nelle produzioni di massa. Molti operatori infatti campionano materiali ecosostenibili, ma poi quando si tratta di produrli su grande scala o li accantonano o li tengono relegati a produzioni di nicchia, perché non è facile conciliare l’essenza green del materiale con le prestazioni, che in alcuni casi ancora oggi possono essere garantite solo dai materiali sintetici o tradizionali, e con il prezzo del prodotto finito, su cui inevitabilmente l’ecosostenibilità va a incidere. Servirebbe un grande lavoro di comunicazione per rendere più consapevole il consumatore dei pro e dei contro dell’impiego di un materiale ecosostenibile.

La vostra novità più recente?
La nostra produzione di punta per quel che riguarda i prodotti naturali ed ecosostenibili è sempre la fibra di cocco, ma anche quelle di agave o sisal e il sughero.
Ora abbiamo sviluppato una nuova linea, Gaiapur®, che è un bio-poliuretano a base mista sintetica/naturale, che contiene fino al 40% di materia prima di origine naturale ed ecosostenibile.
La certificazione che il materiale contenga realmente materia prima di origine vegetale, da fonte rinnovabile ed ecosostenibile, viene fatta presso i BETA Laboratoires di MIAMI FL Usa, fra i pochi al mondo in grado di determinare, tramite la tecnologia di radio datazione che identifica l’isotopo del Carbonio 14, le percentuali di Carbonio recente (vegetale) e Carbonio antico (fossile), le reali concentrazioni in qualunque oggetto.

Gaiapur®, bio-poliuretano a base mista sintetica/naturale, che contiene fino al 40% di materia prima di origine naturale ed ecosostenibile. Certificato presso i BETA Laboratoires di MIAMI FL Usa

Nuovi paradigmi produttivi - Ultima modifica: 2022-05-12T07:00:00+02:00 da Redazione

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here