Mascolinità in trasformazione

Thom Browne, SS20, look 10. Courtesy of Thom Browne

Il Victoria & Albert Museum di Londra ospita un’interessante manifestazione espositiva dal titolo: “Fashioning Masculinities: The Art of Menswear”, un’esposizione che è testimone della trasformazione del concetto di mascolinità attraverso la moda nel tempo. Cioè: “Do clothes make the man?”, ovvero “Sono gli abiti che fanno l’uomo?”

Ci troviamo in un periodo di trasformazione totale del menswear, un momento in cui una creatività senza limiti incontra le basi della discussione internazionale sul genere. Domande, appunto, come “Do clothes make the man?”, sollecitate soprattutto dai giovani della generazione Z, dagli attivisti LGBTQIA+ e dai direttori creativi delle case di moda, hanno scatenato un processo di liberazione dai limiti storici imposti alla mascolinità e, di conseguenza, un ripensamento su che cosa significhi essere uomo. Non è quindi sorprendente che sia sempre più frequente la presenza di figure pubbliche maschili ritratte sulle copertine di settimanali e riviste in abbigliamento “femminile” e che diversi frontmen della musica pop scelgano spesso di indossare scarpe con plateau dai colori vivaci in occasione delle loro esibizioni musicali. Ma non è questa una novità di questi giorni. Ed è proprio questo che intende affrontare la mostra ospitata dal Victoria Albert Museum di Londra, che sarà visitabile fino al 6 novembre 2022.

Undressed, Overdressed and Redressed
Divisa in tre sezioni: Undressed, Overdressed e Redressed (svestito, troppo vestito e rivestito), l’esposizione tratta di un’analisi storica della mascolinità attraverso la moda. Con la sezione “Undressed”, il tema viene esplorato attraverso gli standard di bellezza evocati dalle statue classiche maschili e l’abbigliamento intimo nella formazione di un certo tipo di mascolinità, quella caratteristica amata e ammirata soprattutto dalla società vittoriana. Proseguendo con la sezione “Overdressed”, le calzature d’epoca incontrano le dinamiche di potere dello stile sartoriale dell’età moderna. La mostra si conclude con la sezione “Redressed”, che analizza la concezione della mascolinità a partire dalla metà dell’Ottocento attraverso quello che all’epoca veniva definito “black suit” (e che oggi è più comunemente conosciuto col temine di “smoking”), abbinato ai classici mocassini neri.
Così come per il passato, il cambiamento storico che stiamo vivendo è visibile anche nel repertorio delle calzature. Ma è anche una riscoperta del passato. A poco a poco sempre più elementi considerati “femminili”, come le scarpe con il tacco, iniziano a stabilirsi oggi nel repertorio degli stilisti emergenti del menswear, una caratteristica che riprende stili abituali nella storia della calzatura europea, soprattutto del XVIII secolo. Tramite un’analisi storica del design dell’abbigliamento e delle calzature, “Fashioning Masculinities: The art of Menswear” dimostra che la mascolinità non è statica, ma in costante cambiamento. Infatti, il tacco di epoca moderna era considerato essenziale per il guardaroba di un uomo. Oggi, riscoperto, è un simbolo di moda senza genere, superamento di preconcetti che ancora – tuttavia – stentano a venir meno.

“Think Pink”
Nella sezione “Overdressed”, dedicata alla moda d’epoca moderna, il tema della fluidità della mascolinità viene affrontato con riferimenti a colori, taglie e misure, storicamente considerati come simboli della mascolinità, ma che ora sono associati al genere femminile. Uno di questi è il colore rosa.
Tra il XVI e il XVII secolo, le gradazioni di colori comprese fra il rosa e il rosso erano considerate come simbolo di forza e coraggio. Infatti, secondo le teorie sviluppate dagli studi su medicina e colori dell’epoca, soldati, mercenari e i bravi di manzoniana memoria indossavano spesso queste tonalità pensando che aumentassero il loro vigore. Nonostante il rosa fosse usato regolarmente nelle uniformi militari, la reazione dei moralisti del tempo rispetto alla popolarità e alla considerazione che questo colore da parte dell’alta società del tempo era comunque negativa, etichettandole come manifestazioni di effeminatezza. È interessante notare come queste critiche risparmiassero i militari: l’iper mascolinità legata alla guerra e il duello giustificava la vivacità dei colori delle divise.
Uno degli esempi riguardanti le calzature sono le scarpe con il tacco di stile rinascimentale riutilizzate secoli più tardi, ad esempio dal cantante statunitense Prince. In epoca moderna venivano indossate per mostrare potere, status sociale e ricchezza, poiché non erano adatte alla vita quotidiana delle classi lavoratrici, per la loro scomodità intrinseca. La connotazione mascolina era dovuta al fatto che queste calzature accentuassero in maniera esagerata il polpaccio, al tempo simbolo di mascolinità. Infatti, il piede e la parte inferiore della gamba erano sempre messi in vista tramite calze lunghe fino al ginocchio e scarpe rosse con il tacco.
Verso la fine del Novecento, quando ormai questo tipo di calzature faceva ormai fermamente parte della moda femminile, Prince adottò questo stile nel tentativo di rivoluzionare il concetto di sex appeal iper mascolino del tempo, sublimandolo con elementi tratti dal mondo della moda storica e femminile.
Un passo in più viene oggi compiuto dall’ensemble di Thom Browne, con la sua collezione primavera estate 2020, in cui lo stilista intreccia simboli maschili passati con simboli femminili attuali, illustrando il cambiamento della mascolinità lungo i secoli. Situato nella sezione “Think pink” di Overdressed, l’ensemble presenta abiti disegnati secondo lo stile sportivo dell’Ivy League in una combinazione cromatica di rosa chiaro e bianco. L’elemento più impressionante sono senza dubbio le calzature, che raffigurano due palloni da football americano in forma sferica “ingigantita”. Il collegamento fra lo sport e il rosa pone in questione i limiti imposti dalla mascolinità, proponendo un colore in genere evitato dagli uomini soprattutto da chi esercita attività sportive particolarmente maschili. Thom Browne mette dunque in contrasto il concetto cromatico di rosa con uno sport come il football americano, sottolineando l’inadeguatezza e il pregiudizio su un colore come fattore determinante della mascolinità di un uomo.

“Men in Black”
“Redressed”, rivestito. In questa sezione della mostra l’attenzione si sposta verso il rapporto fra mascolinità e menswear che ruota intorno al completo nero. Siamo in un periodo più recente, grosso modo compreso fra la metà del XIX secolo e la seconda guerra mondiale. Questa sezione illustra il risultato finale di anni di sforzi per cercare di ridurre al massimo lo sfarzo della moda maschile tipico dell’epoca moderna, con la proibizione di colori vivaci e di increspature e, quindi, uniformando la moda maschile a un monotono bicromatismo bianco e nero. Per quanto riguarda le calzature, il completo nero veniva accompagnato dai predecessori dei mocassini, ovviamente a tinta unita in tonalità scure, che completavano perfettamente il perenne cromatismo funereo delle masse che affollavano le principali città europee.
Il nero era inoltre associato al potere e alla ricchezza: la necessità di tingere le stoffe più volte per ottenere un colore intenso rendeva questi prodotti molto costosi e quindi fortemente ambiti. A partire dal XIX secolo, le connotazioni di potere maschile del nero si consolidarono nel nuovo concetto dell’eleganza minimalista, promossa in parte dal romanticismo e dall’individualismo.
Nella “sub-sezione” di Redressed, “Men in Black”, l’ensemble di Alexander McQueen della collezione primavera estate 2020 include uno smoking nero con un’apertura abbondante, che mette in vista una camicia e un paio di anfibi entrambi di colore bianco. La scelta di calzature di foggia militare come tocco finale per un completo storicamente considerato come l’epicentro dell’eleganza maschile crea un contrasto fra l’eleganza minimalista e la forza bruta tipica dell’atmosfera bellica. Con riferimento all’abbigliamento vittoriano e alle divise dei soldati, Alexander McQueen illustra la fluidità del genere maschile e della mascolinità in quanto tale, mostrando che un uomo può prendersi cura del suo aspetto e allo stesso tempo può mostrare il suo valore tramite la violenza del combattimento.

Street style”
Nella parte conclusiva di Redressed, il cambiamento della mascolinità viene esplorato attraverso una nuova lente storica: le proteste giovanili degli anni Sessanta del Novecento. In questo periodo, infatti, iniziano ad essere incorporati tagli non convenzionali e dettagli sartoriali considerati femminili nel menswear. La ribellione contro la tradizione innescò un cambiamento radicale nel modo in cui le nuove generazioni vedevano la mascolinità, libera dai limiti imposti dalla società, che permise a uno stile di moda considerato fino a quel momento effeminato di entrare nel repertorio dei menswear designer del tempo.
Un esempio di calzature rivoluzionarie furono le scarpe con il plateau, popolarizzate negli anni Settanta da popstar come Elton John e David Bowie. Per gli uomini che azzardavano indossarle, era un modo per rompere lo stigma associato all’omosessualità e, soprattutto, per provocare il pubblico, normalizzando uno stile considerato scandaloso.
L’ensemble disegnato da John Galliano per Maison Margiela per la collezione primavera estate 2020 è un esempio perfetto di un completo nero “ricostruito” secondo una mascolinità indipendente da regole sociali. I pantaloni sono rimpiazzati da un paio di pantaloncini nascosti sotto un’enorme giacca di pelle stretta in vita da una cintura accompagnata da un paio di stivali a stiletto neri. Gli stivali, senza dubbio l’elemento più femminile dell’ensemble, ridicolizzano i limiti imposti alla moda maschile dalle tendenze di iper mascolinità, provocando una domanda fondamentale per gli stilisti: “Che cosa significa essere un uomo?

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Mascolinità in trasformazione - Ultima modifica: 2022-09-28T07:00:00+02:00 da Carlotta Busetto

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