La filiera della concia italiana sempre più green

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conciaÈ doveroso ricordare che in molti Paesi in via di sviluppo ancor oggi si conciano pelli in condizioni inammissibili per un mondo civile, aspetto che dovrebbe guidare il consumatore verso quei prodotti la cui intera filiera è garantita per la qualità delle materie, ma anche delle condizioni dei lavoratori.

Per valutare l’impatto sull’ambiente della filiera è importante delimitarne i confini: le fasi che devono essere tenute in considerazione partono da quando la pelle è staccata dall’animale e immagazzinata come materiale grezzo. Tutto quanto avviene a monte, essenzialmente dall’allevamento alla macellazione degli animali, non rientra nelle valutazioni di sostenibilità della concia ma attiene invece alla filiera alimentare.

L’Italia è il primo esportatore al mondo di pelli finite (66% in valore sul mercato europeo, 17% mondiale nel 2013; oltre il 75% del fatturato proviene dall’export), con l’approvvigionamento che proviene quasi completamente dall’estero (quasi il 95%, per la maggior parte dall’Europa e dall’America Latina). I dati relativi al 2013 mostrano un aumento di oltre un punto e mezzo percentuale dell’occupazione (quasi 18.000 addetti) e quasi del 10% del valore della produzione (oltre 5 miliardi di Euro).

Le imprese del settore sono fortemente aggregate in distretti industriali, modello territoriale che sembra resistere maggiormente rispetto ad altre realtà; il polo conciario più importante è certamente quello vicentino di Arzignano, seguito da quello toscano di Santa Croce sull’Arno.

Un processo complesso ma da tempo ecocompatibile

Il settore negli anni si è dovuto concentrare su una serie di aspetti correlati a parametri ambientali da tenere sotto controllo: il consumo idrico ed energetico per unità di prodotto e l’uso di sostanze chimiche.

A fronte di un aumento dei costi ambientali di oltre il 100% in dieci anni (dati dal 2002 al 2013), il settore può fregiarsi di aver ridotto del 21% il consumo idrico, del 23% il consumo energetico e del 40% il consumo di solventi, tutti per unità di prodotto.

Sul fronte dell’acqua, presente in maniera massiccia lungo tutto il processo, la riduzione è avvenuta investendo su nuovi macchinari che richiedono meno risorse idriche e su sistemi di controllo in grado di monitorare puntualmente i consumi. Le sostanze chimiche, necessarie a rendere le pelli esteticamente e funzionalmente valide, sono state ridotte, particolarmente sul fronte dei solventi, utilizzando i risultati di ricerche svolte insieme a centri specializzati. Sul fronte energetico si è invece agito a livello di impianti, sostituendo per esempio le caldaie e i motori con analoghi sistemi più efficienti, compresi sistemi per il recupero del calore prodotto.

Inoltre, da non sottovalutare il fatto che nel 2013 oltre il 70% degli scarti sono stati recuperati da aziende specializzate e immesse in circuiti produttivi alternativi, grazie alla raccolta differenziata che copre il 90% degli scarti totali.

Un ulteriore passo verso il total green

Il miglioramento delle prestazioni di un processo così complesso deve necessariamente passare per ricerche svolte dalle aziende congiuntamente a centri specializzati.

Il distretto industriale di Santa Croce sull’Arno copre tutta la filiera della lavorazione della pelle, dalla concia alla produzione di prodotti finiti come calzature, borse e altri oggetti di pelletteria, coprendo circa il 35% della produzione nazionale. Nel 2012 risultano attive oltre 8.700 imprese con un numero di addetti (dati del 2011) di quasi 37.500 unità, valori con un trend crescente rispetto agli anni precedenti.

Nell’ambito del distretto, esempio di virtuosa valorizzazione della sussidiarietà orizzontale, opera il Polo Tecnologico Conciario come supporto tecnico scientifico a beneficio della competitività del sistema territoriale. In particolare sono presenti dei laboratori dove effettuare tutti i principali e necessari test sui materiali per verificarne le proprietà ai fini sia della rispondenza alle norme, sia del rispetto dei requisiti di prodotto richiesti dalle aziende acquirenti che pongono il loro marchio in base a un restrittivo capitolato tecnico.

La collaborazione del Polo con l’Università di Pisa, in particolare con il Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, ha portato a brevettare un innovativo processo conciario a basso impatto ambientale.

Lo scenario che viene descritto è molto interessante e avrà delle grandi ricadute sul territorio, non solo per la competitività delle aziende del settore conciario, ma anche per quello legato alle biomasse: infatti, il nuovo processo si basa su molecole ottenibili da biomasse di cui è ricco il territorio e che si caratterizzano per essere biodegradabili e non tossiche. Il nuovo processo rientra in quelli denominati di “concia organica”, dove non si prevede l’uso di composti metallici (metal free).

Il prodotto finito, trattato secondo il nuovo processo e le sperimentazioni già effettuate, ha caratteristiche estetiche e funzionali in linea con gli standard richiesti, garantendo la massima sostenibilità sui fronti ambientale ed economico.

La collaborazione tra il Polo e l’Università di Pisa permette di indagare tutti gli aspetti di sostenibilità ambientale sperimentando soluzioni per il monitoraggio e il controllo dei processi in un’ottica di innovazione lungo le tre dimensioni prodotto/processo/organizzazione.

Grande importanza viene data alla formazione delle risorse umane che possono qualificarsi a vari livelli a partire da un indirizzo chimico conciario nell’ambito dell’Istituto Tecnico Statale Carlo Cattaneo di San Miniato, per proseguire con la formazione universitaria in chimica conciaria o in ingegneria chimica conciaria presso l’Università di Pisa.

Nel mondo della ricerca, c’è grande interesse per questi temi: come illustrato da Luigi Ambrosio, direttore del Dipartimento di Scienze Chimiche e Tecnologie dei Materiali del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) nella sua relazione “Ricerca Pubblica e Privata nella Chimica Fine e Specialistica”, anche il CNR è impegnato nello studio dei processi di concia per eliminare l’uso del solfato basico di Cromo (Chromium free), per sostituire le attuali paraffine clorurate e solfonate, per sviluppare nuovi agenti tensioattivi e/o enzimi con massimo esaurimento dei bagni di ingrasso e basso scarico inquinante, per la nobilitazione e la funzionalizzazione delle pelli.

di Ombretta Buzzi (ombretta.buzzi@mlib.ic.cnr.it) e Giuseppe Confessore (giuseppe.confessore@cnr.it) – Consiglio Nazionale delle Ricerche

logoTNtratto da Tecnica Calzaturiera, febbraio 2015 (pagine 40, 41)

 

RIFERIMENTI

 

 

 

La filiera della concia italiana sempre più green - Ultima modifica: 2015-04-03T11:46:25+02:00 da Redazione

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