In equilibrio tra le contraddizioni

Partito dalla tradizione del distretto calzaturiero marchigiano, passato per la tecnologica Silicon Valley dove è stato chief designer di una start up fashion-tech, e poi tornato in patria, Michele Torresi, classe 1980, ne ha fatta di strada nel mondo creativo della calzatura inanellando collaborazioni eccellenti con brand del calibro di brand Fila, Tory Buch, Love Moschino, Puma, O’Neill, MSGM. Il merito del suo successo? Applicare il pensiero laterale e ricercare bellezza, eccentricità e cura dei dettagli, perfezione nell’equilibrio tra le contraddizioni. Non dimenticando mai i valori e la storia del brand che di volta in volta interpreta con le sue opere.

Lei ha dichiarato di cercare “la bellezza nell’equilibrio tra contraddizioni”: come si esplicita questa dichiarazione con il suo percorso creativo di designer della calzatura?

La bellezza può essere trovata nell’armonia tra elementi che sembrano contrastanti o contraddittori tra di loro. Ciò significa che, in un’opera d’arte o in un oggetto creativo, ci può essere un equilibrio perfetto tra elementi che inizialmente sembrerebbero opposti o diversi come l’abbinamento di un materiale leggero con uno più strutturato o la contaminazione di una sneaker con dettagli estetici che provengono da mondi non legati alla moda come l’anatomia, la botanica o texture dalla microbiologia. Queste “contraddizioni” visive, se equilibrate correttamente, possono generare un linguaggio del design nuovo e non scontato.

La sneaker è la tipologia di calzatura che ha più spesso interpretato, da esempi futuristici a “‘d’archivio” come, per esempio, quelle disegnate per Pantofola d’Oro: quali sfide creative ed opportunità offre questo tipo di calzatura? Quali sono le sue fonti d’ispirazione? Verso quale futuro sta andando questo prodotto secondo lei?

Attualmente collaboro con sette aziende, tra cui alcune corporation globali come Fila e Tory Burch. Ognuna di queste aziende ha esigenze creative diverse, ma ciò che trovo particolarmente interessante è come l’heritage storico o la visione futuristica del brand influenzino il mio approccio al design, così come il tipo di strumenti che utilizzo. Ho lavorato molto anche sulle calzature formali, ma devo essere onesto: trovo che le sneaker, considerate il simbolo della cultura attuale, siano estremamente stimolanti da disegnare. Le mie ispirazioni provengono dall’architettura, dalla natura, dal mondo animale e persino da fonti apparentemente insolite e bizzarre. Considero le sneaker come una tela bianca, sulla quale si possono sperimentare forme, colori e texture in innumerevoli modi diversi. Per questo motivo, apprezzo la loro natura versatile, che non impone alcun limite creativo. Nel futuro, secondo me, si spingerà sempre di più per cercare nuove silhouettes, nuovi volumi e proporzioni perché attualmente c’è molta offerta creativa e ci si annoia abbastanza rapidamente. Si cercherà di provocare, perfino di disturbare con nuove estetiche della moda con lo scopo di scoprire il prossimo nuovo must-have.

Nuove tecnologie applicate al design/produzione: utilizza questi strumenti nel suo lavoro e in che modo? Nuove modalità di incontrare il mercato: qual è la sua opinione in merito? Ha portato avanti qualche progetto di questo genere?

In passato ho co-fondato una startup che si dedicava alla personalizzazione e produzione on-demand di calzature, con un sistema di distribuzione peer-to-peer. Considero la moda un argomento vasto che può essere affrontato in un modo più “nerd” attraverso nuove tecnologie, oppure più tradizionalmente migliorando l’esperienza nei negozi fisici. Per quanto riguarda le tecnologie, mi definisco un designer multidisciplinare in quanto utilizzo una vasta gamma di strumenti per disegnare, dalla tradizionale matita su carta alla modellazione 3D fotorealistica, passando per lo schizzo digitale su iPad e la tecnologia di realtà virtuale. Inoltre, uso anche la recentemente popolare e controversa intelligenza artificiale per la fase iniziale di concept e moodboard. Di base sono sempre affamato di conoscenza per quanto riguarda gli strumenti di disegno e passo moltissimo tempo a studiare e imparare tecniche nuove. Ho avuto anche l’opportunità di collaborare a progetti per il metaverso, tuttavia, essendo una “one man band”, non ho avuto la possibilità di approfondire questa esperienza perché devo dare priorità allo sviluppo dei prototipi nel mondo reale, il che richiede molto tempo e dedizione.

Con quali materiali preferisce lavorare? Quali sono i motivi delle sue scelte e come si sono evoluti?

La mia attività di design dipende molto dalle richieste dei clienti. Ad esempio, per un brand come Fila che ha le sue radici nello sport, mi viene richiesto di integrare elementi tecnici delle loro collezioni con texture e materiali più lussuosi, come pellami martellati o sostenibili, per dare un tocco più italiano ai loro prodotti. Al contrario, altri brand più casual hanno bisogno di dettagli tecnici e sportivi nelle loro calzature formali. L’aspetto più importante della mia formazione è la vasta contaminazione tra i vari stili, acquisiti grazie alla collaborazione con aziende così diverse tra loro, che mi permette di spendere ciò che imparo a beneficio di tutti. Lavorando molto con la Cina, ho avuto l’opportunità di conoscere e utilizzare tecnologie e materiali estremamente innovativi, come il compound EVA traslucido per le suole o le innumerevoli lavorazioni in microiniezione e TPU per la personalizzazione delle tomaie. Tuttavia, in Italia l’accesso a queste tecnologie è difficoltoso, soprattutto a causa dell’elevato costo degli impianti.

Quali sono secondo lei le sfide creative che attendono i designer della calzatura del terzo millennio?

Ci sono molte correnti di pensiero riguardo alla moda. Tuttavia, ultimamente sembra che alcuni brand stiano adottando un approccio più conservatore, cercando di mantenere l’essenza del proprio retaggio, senza osare troppo o sperimentare e puntando a creare capi più longevi nel tempo. D’altra parte, ci sono aziende che premiano la visione avanguardista dei designer e incentivano continue esplorazioni per spingere i confini tra arte e moda sempre più lontano. Personalmente, ritengo che non esista uno zeitgeist definito e condiviso nella moda attuale. Ogni brand sta cercando di trovare la propria identità, e la sfida per il designer è capire l’anima del marchio piuttosto che seguire le tendenze di mercato, al fine di creare prodotti che siano allineati con il suo spirito. In questo modo, si potrebbe trovare il giusto equilibrio tra l’innovazione e la tradizione, creando prodotti unici e distintivi. (Barbara Solini)

In equilibrio tra le contraddizioni - Ultima modifica: 2023-06-21T08:22:42+02:00 da Redazione

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here